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Natura il fece, e poi roppe la stampa.
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Convien chi ride, anco talor si lagni,E Fortuna talor trovi ribella.
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Statti col dolce in bocca; e non ti dogliaCh'amareggiare al fin non te la voglia.
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Che ben pigliar nel crin la buona sorteCarlo sapea, quando volgea la faccia.
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Ben s'ode il ragionar, si vede il volto,Ma dentro il petto mal giudicar possi.
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Dolce cosa era la patria.
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Ben che stia mal che l'uom se stesso lodi.
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A me non par che ben deciso,Né che ben giusto alcun giudicio cada,Ove prima non s'oda quanto nieghiLa parte o affermi, e sue ragioni alleghi.
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Molti consigli de le donne sonoMeglio improviso, ch'a pensarvi, usciti.
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Natura d'ogni cosa più possente.
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Che quella che da l'oro e da l'argentoDifende il cor di pudicizia armato,Tra mille spade via più facilmenteDifenderallo, e in mezzo al fuoco ardente.
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Che tosto o buona o ria che la fama esceFuor d'una bocca, in infinito cresce.
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Non è la via di dominar, se vuoiPor l'arme in mano a chi può più di noi.
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L'amante, per aver quel che desia,Senza guardar che Dio tutto ode e vede,Aviluppa promesse e giuramenti,Che tutti spargon poi per l'aria i venti.
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Che per amor venne in furore e matto,d'huom che si saggio era stimato prima.
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Chi va lontan da la sua patria, vedeCose, da quel che già credea, lontane;Che narrandole poi, non se gli crede,E stimato bugiardo ne rimane.
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Che talor cresce una beltà un bel manto.
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Gabrina tenne sempre gli occhi bassi,Perché non ben risposta al vero dassi.
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Cieco a dargline impresa, e non por menteChe 'l fuoco arde la paglia facilmente.
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Che sarebbe pensier non troppo accorto,Perder duo vivi per salvar un morto.
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Bene è felice quel, donne mie care,Ch'essere accorto all'altrui spese impare.
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Dovea in memoria avere il signor mio,Che l'oro e 'l premio ogni durezza inchina;Ma, quando bisognò, l'ebbe in oblio,Ed ei si procacciò la sua ruina.
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Non far altrui quel che patir non vuoi.
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Fu il vincer sempremai laudabil cosa,Vincasi o per fortuna o per ingegno.